“Anche la storia della luna e dei falò la sapevo. Soltanto, m’ero accorto, che non sapevo piú di saperla.” Cesare Pavese
Gli ultimi giorni di gennaio sono considerati i giorni più freddi dell'anno e sono accompagnati da una leggenda: quella della merla e della sua sfida vittoriosa al freddo mese. Ma in natura, come nel mito, anche le vittorie hanno un prezzo da pagare e per resistere al freddo che gennaio le scatenò contro negli ultimi giorni, la merla si dovette rifugiare in un comignolo e, dopo 3 giorni, quando ne uscì, era salva, ma a causa della fuliggine la candida merla era diventata nera. da quel giorno i merli nascono con le piume nere.
Ma c'è molto di più dietro questa trasformazione ed innumerevoli sono i fili della fantasia.
Questi 3 giorni e questo attraversare gli estremi, fanno del merlo una creatura di confine, uno spirito guida che si pone a cavallo dei limiti, un traghettatore non solo del momento più freddo dell’inverno.
L'alba e il tramonto, sono da sempre “momenti di passaggio” in cui il confine fra reale e fantastico diviene evanescente, ed è in questi momenti che il merlo diffonde il suo canto.
Così, con la sua melodia, acquista la funzione di tramite, in grado di rivelare i profondi segreti dell'”oltremondo” e di condurci, per un istante, altrove.
Ma c’è un’altra leggenda che ci narra di come il merlo mutò le sue piume in nere al posto delle originali bianche: un giorno, incontrando una gazza che deponeva dei tesori nel cavo di un tronco, un merlo domandò dove li avesse presi. La gazza rispose che per averli avrebbe dovuto cercare l'entrata al mondo sotterraneo e offrire al padrone di quel regno i propri servigi, lui in cambio gli avrebbe lasciato prendere dalla sala principale tutto ciò che fosse riuscito a trattenere nel becco, ma non avrebbe dovuto toccare ciò che vi era nelle altre sale. Il merlo, una volta entrato, si fece tentare dalla polvere d'oro delle altre stanze e vi immerse il becco. Immediatamente fiamme e fumo gli bruciarono e piume e da quel giorno la sua livrea divenne nera. Ma rimase, a ricordo di quel suo viaggio in un altro mondo, il becco giallo oro ed un armonioso canto.
Tra il bianco ed il nero, tra la luce ed il buio, tra la terra ed il cielo, sul confine tra regni diversi vive il merlo e, forse, la prossima volta che lo ascolteremo, in un’alba non abbastanza luminosa per vedere ma abbastanza chiara per sognare, saremo in grado di sentire la voce di un mondo magico e, tra le ombre della neve, coglierne i bagliori dei fili d’oro che ci intrecciano a quel mondo.
Curiosità
I merli per corteggiare le femmine tengono il becco aperto ed eseguono una serie di movimenti e di inchini del capo; cosi il giallo del becco è impiegato per attrarre le femmine, che sono attratte dal colore più intenso che deriva dal tipo e dalla quantità di carotenoidi che il maschio assimila attraverso la sua dieta (per la femmina sono indice di salute e capacità di trovare cibo migliore).
I merli sono in grado di riprodurre e memorizzare una grande varietà di canzoni, oltre a imitare suoni diversi. Pertanto, possono creare melodie complesse ed elaborate che assomigliano a veri e propri brani musicali, per questo è definito “Il Beethoven” degli uccelli. E divide questi giorni con un altro grande “compositore” dal suono puro e ritmato: il pettirosso, soprannominato lo “Chopin dei cieli”. Deve questo epiteto alla “Grande Polonaise brillante” di Chopin in cui il canto è inserito come tema principale.
Nella mitologia celtica il merlo è associato a Rhiannon, dea della Terra; I merli cantano sull'albero della vita al limite fra terreno ed ultraterreno ed il loro zufolare induce il viandante in uno stato di sospensione, consentendogli di attraversare i 2 mondi.
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